Audio in inglese estratto dal webinar esperienziale del 9 Aprile 2020
di Sriya Rao Pithani e Pooja Sriram
Exploring the midline space of our body through the expansive, grounding & resourcing potential of the spine.
Exploring the midline space of our body through the expansive, grounding & resourcing potential of the spine.
IL NEUTRALE
Il concetto di Neutrale è un tema fondamentale della Biodinamica Craniosacrale, è il primo principio per lavorare con la salute ed è quindi qualche cosa di essenziale.
Essere in uno stato neutrale significa restare nel silenzio che è tra i movimenti; è nel silenzio dinamico, nell’immobilità, dove tutto è intercollegato, che le forze sono pronte a cooperare.
Affidandoci alla Respirazione entriamo un uno stato Neutrale, ampio e stabile e possiamo collaborare pienamente con le forze naturali che governano la vita e riportano alla salute, restando con la calma anche quando c è il caos e da un punto di equilibrio fra tutti i movimenti biologici ci affidiamo alla Marea, una vera e continua saggezza al lavoro in accordo con la volontà superiore della Respirazione Primaria…
Per un approfondimento, e perché possa essere un sostegno in questo periodo difficile, condivido il video in cui Nathalie Barats ha voluto ampliare il tema del Neutrale , la traduzione è a cura di Ornella Testa.
Link alla pagina: https://www.itado.org/biodinamica-craniosacrale
Buona visione.
Bruna Capra
Itado – Torino (www.itado.org)
Questo periodo che stiamo vivendo in relazione a tutto ciò che ha comportato il Coronavirus ci ha segnati profondamente, sia che ne siamo consapevoli, sia che questo dato resti sotto la soglia della nostra percezione. L’essere umano è un essere sociale e un mammifero che condivide con gli altri animali le risposte istintive al pericolo. Lotta, fuga, congelamento (nell’uomo anche come dissociazione) sono le risposte che gli animali attuano per garantirsi la sopravvivenza. Il Covid-19 è un pericolo invisibile, che non si può vedere e frontaggiare con le risposte di attacco o fuga (dell’asse simpatico). Cosa succede quando il pericolo è invisibile? Quando non abbiamo la possibilità di confrontarci con una lotta o con una fuga?… il nostro sistema nervoso si orienta verso le linee nervose più arcaiche e pesca la risposta del congelamento. Rafforzata dall’isolamento sociale che ci è stato imposto.
Questo è un punto molto importante: l’isolamento sociale mette di per sè l’essere umano nelle condizioni di risposta istintiva al pericolo.
E beh, per forza, siamo mammiferi… per le nostre funzioni biologiche (riproduzione, allattamento, sonno, digestione) abbiamo bisogno di sentirci al sicuro e il senso di sicurezza ci viene dalla capacità di regolare le nostre emozioni mettendoci in relazione con gli altri.
S.W. Porges nella Teoria Polivagale sottolinea che quando un sistema è nella funzione di difesa, non è disponibile al sistema sociale, che però è il sistema che ci consente l’autoregolazione e la co-regolazione (ciò che ci aiuta a tornare calmi).
I circuiti legati al comportamento sociale e alla regolazione emotiva non sono accessibili in condizioni di ambiente pericoloso e minaccioso per la vita. Sono disponibili quando la neurocezione ritenga l’ambiente sicuro.
Il nostro sistema nervoso ha dentro di sè la traccia dell’evoluzione, abbiamo i cosidetti “tre cervelli”. Immagina che il cervello sia fatto a cipolla, con degli strati sovrapposti che dialogano tra loro. Lo strato più interno è quello che condividiamo con i rettili e che si occupa delle risposte più arcaiche legate alla sopravvivenza individuale (in caso di pericolo è da lì che il nostro cervello ci tira fuori dai guai), lo strato intermedio è quello che condividiamo con i mammiferi e che si occupa delle relazioni sociali (per i mammiferi fa sempre parte delle necessità biologiche legate alla sopravvivenza della specie), infine lo strato più esterno è la neocorteccia, con i suoi emisferi, che è lo strato più recente (dove avvengono i processi cognitivi più raffinati, linguaggio, memoria, apprendimento…).
Se siamo confinati, come ad esempio in isolamento o sotto controllo come in questo periodo di quarantena, il nostro sistema nervoso legge in autonomia lo stato di pericolo (si tratta di neurocezione, cioè lo fa in automatico, non di percezione che invece è un processo cognitivo).
Il nostro cervello arcaico iper stimolato dal senso di pericolo, invisibile e così prolungato nel tempo, senza una mediazione corticale che è andata a farsi friggere dalla montagna di notizie contraddittorie e dai tempi lunghi di attesa per le indicazioni del governo, ecco che va a pallino… attivando le risposte più automatiche e istintive.
Ad esempio si possono notare gli atteggiamenti di attacco, rivolti alle persone che “si stanno muovendo” e che i media hanno aiutato ad identificare come pericoli concreti, visibili e attaccabili. L’asse simpatico della risposta di “attacco” si orienta verso il pericoloso runner solitario.
Poi ci sono le risposte dell’area del congelamento che sono più identificabili come dissociazione, cioè ci si allontana dalla percezione del corpo. Se non posso sostenere queste informazioni di pericolo che arrivano dalla neurocezione per lungo tempo, il mio cervello rettile stacca la spina, in un certo senso, e opta per alleviare e attutire gli effetti di questi input allontanandomi dal corpo. Anestetizzandomi.
Senza contare che attivare l’asse dello stress per tempi lunghi è dannoso, molto dannoso, fino ad alterare l’equilibrio del sistema immunitario (questo ce l’ha spiegato molto bene la PNEI).
Dipendono maggiormente dalla co-regolazione e si trovano a regolarsi con dei genitori spaesati e affaticati, in allarme (come ho esposto fin qui). Cominciano a perdersi in questo tempo sospeso, privo di ritmo, in cui i giorni sono tutti uguali, senza le relazioni sociali con i coetanei di cui hanno bisogno, senza l’attività del gioco così fondamentale per il loro sviluppo. Mostrano fragilità nella regolazione emotiva, nel ciclo del sonno. Chi ha figli in età scolare ha visto riemergere errori che erano superati da anni e un grosso calo della capacità di attenzione (io credo sia dovuto alla funzione di “stacco la spina” e mi allontano dall’essere qui, presente).
Con questo lavoro sullo stress e le risposte di emergenza del sistema arcaico che dovrebbero durare per breve tempo e invece restano attive per tempi lunghi…. il problema poi è come riportare le persone indietro, dentro al loro corpo, come riattivare il sistema sociale che è necessario per sentirci al sicuro e rendere così accessibili i circuiti neurali che sono necessari per la ripresa.
Si fa presto a dire “ripartiamo”, dopo l’isolamento e i lutti per il Covid 19, ci aspetta la crisi economica… in questo momento in cui è necessario reinventarsi una vita… come lo fai se sei intrappolato nelle funzioni di difesa?
Per fortuna abbiamo il corpo e molti professionisti che lavorano col corpo nelle relazioni d’aiuto.
Nell’ambito della fisiologia (non della patologia, che ha bisogno di figure specifiche!) le tecniche disponibili sono molte, per tutti i gusti: la Legge Toscana ne fa un elenco tra cui… Craniosacrale, Yoga, Shiatsu, tecniche di respirazione, riflessologia ecc… ce ne sono tante, ma la cosa che le accomuna è la preparazione degli Operatori ad accogliere la globalità della persona.
Gli Operatori Olistici conoscono bene l’importanza di questo approccio e lo declinano fin nei minimi particolari della relazione. Comprendendo anche ad esempio l’ambiente in cui si svolge la sessione, (ricordate la neurocezione?) sono ambienti pensati per essere protetti e incentivare il senso di sicurezza.
La tecnica di cui vi posso parlare io è quella che conosco e pratico: la Biodinamica Craniosacrale (vedi:“Come agisce” se vuoi approfondire).
Nel processo di lavoro, tipico di questa disciplina, la sintonizzazione e il dialogo con il sistema nervoso centrale sono la “chiave” per la riconnessione e il riequilibrio dei processi neurali che sono andati nell’ecceso di stimolazione durante questi mesi di isolamento e paura. Gli Operatori BCS conducono le sessioni restando orientati al rispetto, all’accoglienza, al dialogo non giudicante, al ritmo lento. Il tipo di contatto della BCS è rispettoso, gentile, delicato ma fermo (come il tocco preferito dai neonati) e veicola l’amore incondizionato a cui si orienta l’Operatore durante tutta la sessione. Tra le varie possibilità di orientamento dell’Operatore per dialogare col sistema vagale quello relativo alla Quiete è, secondo me, l’ideale per uscire da questo stress prolungato.
Come dice Michael Kern “nella Craniosacrale si sviluppano capacità di trattamento tali da riuscire a facilitare le condizioni più favorevoli per le nostre forze naturali di ordinamento”.
Lo stato di rilassamento che induce il contatto craniosacrale stimola il sistema nervoso autonomo a bilanciarsi, a rallentare, la respirazione diventa più rilassata e lenta, la sua azione di rilassamento permette al corpo di uscire dallo stato di costante attivazione causata dallo stress. Questo di per sé è una tregua fondamentale per iniziare il recupero. Inoltre lo stato di rilassamento e la respirazione naturale sono la premessa necessaria per una maggiore consapevolezza del corpo e delle emozioni.
L’Operatore BCS utilizza la propria capacità di autoregolazione perché questo viene spontaneamente colto dalla persona che ha di fronte e sulla quale si sintonizza. Lavora con lo stato di presenza, con l’equanimità, in meditazione e centratura, con il ritmo lento che dialoga col cervello rettile, con il contatto amorevole e accogliente che dialoga col cervello mammifero, con l’integrazione cognitiva che dialoga con la neocorteccia. Ci sono zone corporee precise per lavorare con il sistema vagale e facilitarne il riequilibrio. E possiamo tornare integri. Questo ci permette di usare tutte le nostre funzioni e risorse per essere presenti, positivi e creativi.
Insomma è un vero e proprio balsamo per il cervello rettile, che comincia a rilassarsi, a mollare la presa e rendere nuovamente accessibili i percorsi neurali che ci consentono di essere nella relazione sociale, di regolare le nostre emozioni, di poterci aprire alla creatività, di riconnetterci con le risorse interne ed esterne per riprendere in mano le nostre vite!
–
Barbara Salvaro
Operatrice di Biodinamica Craniosacrale
Operatrice della Nascita dell’associazione Il Melograno
Questo periodo che stiamo vivendo in relazione a tutto ciò che ha comportato il Coronavirus ci ha segnati profondamente, sia che ne siamo consapevoli, sia che questo dato resti sotto la soglia della nostra percezione. L’essere umano è un essere sociale e un mammifero che condivide con gli altri animali le risposte istintive al pericolo. Lotta, fuga, congelamento (nell’uomo anche come dissociazione) sono le risposte che gli animali attuano per garantirsi la sopravvivenza. Il Covid-19 è un pericolo invisibile, che non si può vedere e frontaggiare con le risposte di attacco o fuga (dell’asse simpatico). Cosa succede quando il pericolo è invisibile? Quando non abbiamo la possibilità di confrontarci con una lotta o con una fuga?… il nostro sistema nervoso si orienta verso le linee nervose più arcaiche e pesca la risposta del congelamento. Rafforzata dall’isolamento sociale che ci è stato imposto.
Questo è un punto molto importante: l’isolamento sociale mette di per sè l’essere umano nelle condizioni di risposta istintiva al pericolo.
E beh, per forza, siamo mammiferi… per le nostre funzioni biologiche (riproduzione, allattamento, sonno, digestione) abbiamo bisogno di sentirci al sicuro e il senso di sicurezza ci viene dalla capacità di regolare le nostre emozioni mettendoci in relazione con gli altri.
S.W. Porges nella Teoria Polivagale sottolinea che quando un sistema è nella funzione di difesa, non è disponibile al sistema sociale, che però è il sistema che ci consente l’autoregolazione e la co-regolazione (ciò che ci aiuta a tornare calmi).
I circuiti legati al comportamento sociale e alla regolazione emotiva non sono accessibili in condizioni di ambiente pericoloso e minaccioso per la vita. Sono disponibili quando la neurocezione ritenga l’ambiente sicuro.
Il nostro sistema nervoso ha dentro di sè la traccia dell’evoluzione, abbiamo i cosidetti “tre cervelli”. Immagina che il cervello sia fatto a cipolla, con degli strati sovrapposti che dialogano tra loro. Lo strato più interno è quello che condividiamo con i rettili e che si occupa delle risposte più arcaiche legate alla sopravvivenza individuale (in caso di pericolo è da lì che il nostro cervello ci tira fuori dai guai), lo strato intermedio è quello che condividiamo con i mammiferi e che si occupa delle relazioni sociali (per i mammiferi fa sempre parte delle necessità biologiche legate alla sopravvivenza della specie), infine lo strato più esterno è la neocorteccia, con i suoi emisferi, che è lo strato più recente (dove avvengono i processi cognitivi più raffinati, linguaggio, memoria, apprendimento…).
Se siamo confinati, come ad esempio in isolamento o sotto controllo come in questo periodo di quarantena, il nostro sistema nervoso legge in autonomia lo stato di pericolo (si tratta di neurocezione, cioè lo fa in automatico, non di percezione che invece è un processo cognitivo).
Il nostro cervello arcaico iper stimolato dal senso di pericolo, invisibile e così prolungato nel tempo, senza una mediazione corticale che è andata a farsi friggere dalla montagna di notizie contraddittorie e dai tempi lunghi di attesa per le indicazioni del governo, ecco che va a pallino… attivando le risposte più automatiche e istintive.
Ad esempio si possono notare gli atteggiamenti di attacco, rivolti alle persone che “si stanno muovendo” e che i media hanno aiutato ad identificare come pericoli concreti, visibili e attaccabili. L’asse simpatico della risposta di “attacco” si orienta verso il pericoloso runner solitario.
Poi ci sono le risposte dell’area del congelamento che sono più identificabili come dissociazione, cioè ci si allontana dalla percezione del corpo. Se non posso sostenere queste informazioni di pericolo che arrivano dalla neurocezione per lungo tempo, il mio cervello rettile stacca la spina, in un certo senso, e opta per alleviare e attutire gli effetti di questi input allontanandomi dal corpo. Anestetizzandomi.
Senza contare che attivare l’asse dello stress per tempi lunghi è dannoso, molto dannoso, fino ad alterare l’equilibrio del sistema immunitario (questo ce l’ha spiegato molto bene la PNEI).
Dipendono maggiormente dalla co-regolazione e si trovano a regolarsi con dei genitori spaesati e affaticati, in allarme (come ho esposto fin qui). Cominciano a perdersi in questo tempo sospeso, privo di ritmo, in cui i giorni sono tutti uguali, senza le relazioni sociali con i coetanei di cui hanno bisogno, senza l’attività del gioco così fondamentale per il loro sviluppo. Mostrano fragilità nella regolazione emotiva, nel ciclo del sonno. Chi ha figli in età scolare ha visto riemergere errori che erano superati da anni e un grosso calo della capacità di attenzione (io credo sia dovuto alla funzione di “stacco la spina” e mi allontano dall’essere qui, presente).
Con questo lavoro sullo stress e le risposte di emergenza del sistema arcaico che dovrebbero durare per breve tempo e invece restano attive per tempi lunghi…. il problema poi è come riportare le persone indietro, dentro al loro corpo, come riattivare il sistema sociale che è necessario per sentirci al sicuro e rendere così accessibili i circuiti neurali che sono necessari per la ripresa.
Si fa presto a dire “ripartiamo”, dopo l’isolamento e i lutti per il Covid 19, ci aspetta la crisi economica… in questo momento in cui è necessario reinventarsi una vita… come lo fai se sei intrappolato nelle funzioni di difesa?
Per fortuna abbiamo il corpo e molti professionisti che lavorano col corpo nelle relazioni d’aiuto.
Nell’ambito della fisiologia (non della patologia, che ha bisogno di figure specifiche!) le tecniche disponibili sono molte, per tutti i gusti: la Legge Toscana ne fa un elenco tra cui… Craniosacrale, Yoga, Shiatsu, tecniche di respirazione, riflessologia ecc… ce ne sono tante, ma la cosa che le accomuna è la preparazione degli Operatori ad accogliere la globalità della persona.
Gli Operatori Olistici conoscono bene l’importanza di questo approccio e lo declinano fin nei minimi particolari della relazione. Comprendendo anche ad esempio l’ambiente in cui si svolge la sessione, (ricordate la neurocezione?) sono ambienti pensati per essere protetti e incentivare il senso di sicurezza.
La tecnica di cui vi posso parlare io è quella che conosco e pratico: la Biodinamica Craniosacrale (vedi:“Come agisce” se vuoi approfondire).
Nel processo di lavoro, tipico di questa disciplina, la sintonizzazione e il dialogo con il sistema nervoso centrale sono la “chiave” per la riconnessione e il riequilibrio dei processi neurali che sono andati nell’ecceso di stimolazione durante questi mesi di isolamento e paura. Gli Operatori BCS conducono le sessioni restando orientati al rispetto, all’accoglienza, al dialogo non giudicante, al ritmo lento. Il tipo di contatto della BCS è rispettoso, gentile, delicato ma fermo (come il tocco preferito dai neonati) e veicola l’amore incondizionato a cui si orienta l’Operatore durante tutta la sessione. Tra le varie possibilità di orientamento dell’Operatore per dialogare col sistema vagale quello relativo alla Quiete è, secondo me, l’ideale per uscire da questo stress prolungato.
Come dice Michael Kern “nella Craniosacrale si sviluppano capacità di trattamento tali da riuscire a facilitare le condizioni più favorevoli per le nostre forze naturali di ordinamento”.
Lo stato di rilassamento che induce il contatto craniosacrale stimola il sistema nervoso autonomo a bilanciarsi, a rallentare, la respirazione diventa più rilassata e lenta, la sua azione di rilassamento permette al corpo di uscire dallo stato di costante attivazione causata dallo stress. Questo di per sé è una tregua fondamentale per iniziare il recupero. Inoltre lo stato di rilassamento e la respirazione naturale sono la premessa necessaria per una maggiore consapevolezza del corpo e delle emozioni.
L’Operatore BCS utilizza la propria capacità di autoregolazione perché questo viene spontaneamente colto dalla persona che ha di fronte e sulla quale si sintonizza. Lavora con lo stato di presenza, con l’equanimità, in meditazione e centratura, con il ritmo lento che dialoga col cervello rettile, con il contatto amorevole e accogliente che dialoga col cervello mammifero, con l’integrazione cognitiva che dialoga con la neocorteccia. Ci sono zone corporee precise per lavorare con il sistema vagale e facilitarne il riequilibrio. E possiamo tornare integri. Questo ci permette di usare tutte le nostre funzioni e risorse per essere presenti, positivi e creativi.
Insomma è un vero e proprio balsamo per il cervello rettile, che comincia a rilassarsi, a mollare la presa e rendere nuovamente accessibili i percorsi neurali che ci consentono di essere nella relazione sociale, di regolare le nostre emozioni, di poterci aprire alla creatività, di riconnetterci con le risorse interne ed esterne per riprendere in mano le nostre vite!
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Barbara Salvaro
Operatrice di Biodinamica Craniosacrale
Operatrice della Nascita dell’associazione Il Melograno
Il corpo è il nostro migliore interlocutore. Impariamo ad ascoltarlo tramite un esercizio guidato di auto-percezione che ci permette di radicarci e di sentirci al sicuro.
Here is an excerpt from our first Experiential Webinar on embodying health & accessing our inner resources through awareness techniques inspired by Biodynamic Craniosacral Therapy.
It was beautiful to see/hear/read your ideas, experiences, questions & curiosities and we are grateful for this opportunity to honor the wonders of the body together.
Since the webinar recording was too large a file, we were unable to upload it for the moment. Here is a summary of the seminar for you revisit, or to catch up if you missed it.
We are happy to share here the two awareness practices we explored in the webinar, as resources to embody health.
The first guided by Pooja Sriram is an exercise of being present with expressions of vitality within the body.
The second guided by Sriya Rao is a meditation on trusting our innate forces of nature.
del Seminario Il Sistema Multivagale in Biodinamica Craniosacrale
24 – 27 ottobre 2019 – Seraphicum, Roma
“Gli organi di senso sono diventati i grandi maestri dell’umanità. Ogni organo di senso parla la propria lingua, e tuttavia essi si comprendono a vicenda e formano insieme un unico cerchio.” A. Soesman
L’ascolto in Biodinamica CS è legato alla presenza dell’operatore, alla consapevolezza incarnata del sistema corpo – mente – spirito – tempo. Alla base ci sono i Sensi e la Percezione.
Secondo Rudolf Steiner ce ne sono 12, legati alla Volontà, al Pensiero e al Sentimento. Questo studio é un viaggio nel mondo delle sensazioni che, sperimentate nelle loro profonde qualità diventano delle “porte dell’anima” e ci permettono di esplorare il nostro mondo percettivo. È un’indagine meditativa sulla nostra essenza e sulla intrinseca capacità di percepire-pensare il sensibile e il sovrasensibile.
La mia interiorità, i sensi “corporei”: il tatto, il senso della Vita, il movimento, l’equilibrio. Con il tatto ci separiamo dal mondo, tuttavia attraverso il tatto possiamo riconnetterci con il Tutto. Con il senso della vita riconosciamo i nostri processi vitali.
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Nella diretta di oggi, vi parlerò dell’inizio del nostro viaggio, dopo essere stati concepiti, quando siamo ancora un disco indifferenziato e ci prepariamo per diventare embrioni completi e la nostra prima funzione della Linea Mediana Primaria.
Seguirà un rilassamento guidato.
La Tesi è collegata ad una precedente Tesi “Shiatsu e Costellazioni familiari – I diari del silenzio” e alla prossima Tesi “Il Tocco e la Parola” per la laurea in Psicologia e come le altre verte sull’analisi della fenomenologia che accomuna prassi diverse a favore della salute.
Il quesito di fondo è se un’unica fenomenologia possa raccordare le discipline a mediazione corporea, che si basano sul tocco con quelle a mediazione linguistica come la psicologia e la programmazione neurolinguistica e se la teoria relativa a quella fenomenologia possa informare le diverse prassi.
La tesi è una sorta di promemoria di utilità riguardo alle considerazioni, alle ipotesi e alle scelte teoriche che possono orientare e dare forma alla prassi Craniosacrale e che permettono di renderla integrabile con la corrispondente prassi di Shiatsu.
Una integrazione “disciplinata” che mi auguro sia utile ai molti che come me praticano l’approccio del tocco di ascolto (biodinamico) e che hanno fatto il mio stesso percorso di formazione nelle discipline a mediazione corporea di Shiatsu e Craniosacrale biodinamico.
La tesi prende in considerazione l’insegnamento Craniosacrale biodinamico con particolare riferimento a James Jealous e l’insegnamento d’ispirazione biodinamica “Hado Shiatsu” di Patrizia Stefanini, entrambi ispirati al cosiddetto “minimo stimolo” che può essere descritto attraverso la circostanza che lo permette e l’effetto che produce:
quando in un trattamento a mediazione corporea, l’operatore e il
ricevente siano in condizione di “risonanza di fase”, un particolare
“contatto non manipolativo” può stimolare un processo
riorganizzativo non limitato alla struttura/funzione del tessuto
direttamente interessato dal contatto
La considerazione generale è che il Craniosacrale, è espressione della cultura occidentale e lo Shiatsu, espressione di quella orientale, pur avendo teorie peculiari, frutto della provenienza e dei percorsi di ciascuna, che forniscono spiegazioni diverse su ciò che si cerca come lo si cerca e che cosa s’incontra nei trattamenti, condividono l’essenziale, ovvero la persona come interlocutore, il contatto fisico come mezzo e la salute come scopo.
Si osserva come l’evoluzione della teoria e della prassi di entrambe le discipline abbia seguito un percorso “dal materiale all’immateriale” e che il contatto sia passato dalla manovra e dalla digito pressione iniziali al tocco di ascolto dell’impercettibile.
Si può ipotizzare allora che esse possano anche condividere riferimenti teorici comuni, in parte avulsi dalle teorie di riferimento e dal lessico di ciascuna.
E quando si dice teoria, come se si trattasse di una cosa campata in aria, possiamo ricordare Kurt Levine quando sosteneva che “non c’è niente di più pratico di una buona teoria”.
Infatti ne derivano orientamenti e scelte precise nella prassi.
Tutti noi vogliamo essere felici. Tutti vogliamo la pace. La guerra inizia quando scappiamo di fronte al disagio, quando giustifichiamo la nostra ira e lasciamo che sia l’aggressività a trovare soluzioni. Quando riteniamo di essere totalmente nel giusto. La guerra inizia quando non vogliamo sentire il dolore.
Se vogliamo la pace (quella della mente e quella sulla Terra) è necessario stare con quel disagio, ascoltare il corpo, aprire la mente e il cuore a ciò che sta accadendo, restando gentili e morbidi con noi stessi. Senza forzare le cose. L’invito è sempre il solito: fermarsi per un momento ed entrare nell’esperienza. Portare l’attenzione intenzionalmente alle sensazioni e diventare consapevoli di questo attimo senza tempo che chiamiamo qui e ora.
Quando ci manca la terra sotto i piedi, ci sentiamo insicuri, feriti nella nostra sensibilità o presi all’amo, è il momento di rallentare e diventare ricettivi, entrare in relazione con le sensazioni di ciò che sentiamo, senza cambiarle. È proprio smettendo di reagire che possiamo diventare più consapevoli.
Inspiriamo ed espiriamo, senza negare il dolore, senza drammatizzarlo, senza cercare i colpevoli. In questa pausa diventiamo capaci di abitare lo spazio della mente e del cuore. Un luogo da dove osservare con curiosità quello che sta accadendo, guardare il mondo con occhi nuovi e ascoltare con orecchie nuove. È un momento prezioso, un’opportunità che ci trasforma.
L’ingrediente fondamentale di questo processo è la gentilezza. L’ingrediente segreto è la gradualità. Iniziare con un’esperienza poco dolorosa, una leggera delusione o un piccolo fastidio. E procedere a piccoli passi, senza forzare il processo. A poco a poco la vita stessa diventa il nostro terreno di pratica e ogni momento della nostra quotidianità può essere perfetto per portare consapevolezza a ciò che sta accadendo, approfondire le capacità di essere presenti e connettersi con una visione più ampia. John Kabat-Zinn chiama questo processo: la nostra storia d’amore con la vita.
La consapevolezza non è una tecnica, ma un modo di essere, un modo di stare in relazione con l’esperienza interiore ed esteriore. Praticarla regolarmente aiuta ad accedere ad una autentica spaziosità dentro noi stessi. Una spaziosità morbida. E quando siamo in contatto con la morbidezza e la tenerezza, diventiamo più coraggiosi. Non abbiamo più paura di aver paura, di stare nell’incertezza, di sentirci fragili e vulnerabili. Diventiamo più empatici, proviamo gratitudine per i più piccoli gesti di coraggio degli altri perché comprendiamo il loro impegno. Proviamo compassione per il loro dolore.
La guerra inizia quando lasciamo che il nostro cuore si indurisca. Il sentiero della pace è creare lo spazio perché possa rimanere tenero.
Chiudo gli occhi
Porto l’attenzione al respiro
Divento consapevole del mio corpo
Dimorando nel momento presente
Apro gli occhi
Porto l’attenzione al respiro
Ascolto il mio corpo
Espando la percezione fino all’orizzonte
Sorrido
Il tempo per praticare la consapevolezza è adesso.
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